Finestre di luce e colore
Nell’era della macchina digitale, scattare una fotografia è alla portata di tutti. Realizzare un’opera d’arte, però, richiede conoscenze e sensibilità più fini, esercitate e pensate per anni, magari in solitudine, mentre la vita professionale ha preso altre strade.
Le nature morte di Fabio Palmieri sono uno dei segni del suo talento artistico. A vederle sembrano dipinti e, in effetti, il modello al quale si ispira sono i quadri del seicento napoletano, a loro volta eredi dell’influsso di Caravaggio e Rubens. Sono però fotografie, che Palmieri scatta a partire da intavolature pensate e pazientemente costruite, con giochi di luci che lui stesso realizza per sottolineare, qua e là, punti di rinforzo che catturano l’osservatore.
Oltre la vita, ad esempio, è un piccolo gioiello, che rimanda alla vanitas delle cose terrene: la presenza viva del sigaro acceso e delle ciliegie mangiucchiate lascia intendere che qualcuno è stato lì da poco, ma si tratta di una presenza che il teschio sullo sfondo invita a considerare transeunte, passeggera e, come tale, universale simbolo della condizione umana.
Il tema del passaggio, del confluire di più dimensioni dell’essere, si ritrova anche nelle foto in bianco e nero, come Fuga, in cui si ha l’impressione che l’autore voglia correre sul pontile ghiacciato per raggiungere regioni dell’anima quiete e serene.
Temi analoghi definiscono la poetica di Abbandono dell’anima, in cui la vita è descritta come un ponte che occupa tutta l’inquadratura: a guardare bene, nella parte sinistra dominano le ombre e le luci più scure, mentre a destra si sale progressivamente verso una luminosità più piena, segno di un passaggio dal materiale allo spirituale.
Palmieri lavora così con luci e colori, gioca sui tempi lunghi dell’esposizione e sceglie con cura i momenti della giornata in cui scattare, per costruire affacci privilegiati sul mondo interiore ed esteriore. I suoi paesaggi a colori si staccano dalla complessità dei temi esistenziali e raggiungono l’impatto emozionale di una natura sempre varia nei suoi attimi irripetibili. In Trabocco turchino gli effetti di luce sulle fasi della marea danno al mare un colore iridescente, mentre in altre foto, come quelle scattate alle cascate della Volpara, l’acqua e la luce si mescolano in un denso impasto gelatinoso. Nell’immagine del Sagrantino, con quei rossi screziati di metà novembre, la vigna sembra stringere le colline, l’acqua e la campagna intera in un caldo abbraccio. E una prospettiva classica della città di Perugia può perfino sorprendere, perché l’autore sceglie di fotografarla in un giorno di nuvole, lasciando che esse si mescolino nel cielo in suggestivi turbini di chiaroscuro.
Il gioco delle luci e dei colori, la costruzione armonica dell’inquadratura e le soluzioni pensate conferiscono alle foto di Palmieri una dignità estetica. Nella scelta dei temi non mancano adeguati approfondimenti storici e l’esecuzione dà prova di reggere il peso della poetica e l’estro della sperimentazione tecnica. Questa prima mostra personale è dunque la testimonianza della maturità di un fotografo che, col tempo, non mancherà di farsi conoscere e apprezzare per la sua qualità artistica.
Marco Bastianelli